TESTASGHEMBA
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C’è chi ricorda con le parole, chi con le immagini, magari con gli odori, e chi – ma è la cosa più semplice – con le emozioni. Germano Mazzocchetti ricorda in musica e non è detto che sia tipico dei compositori, in genere. Mazzocchetti ricorda in musica ma non è nostalgico: ve ne accorgerete quando avrete ascoltato il cd che avete nelle mani. La nostalgia – specie quella che si esprime con la musica – è suadente e ammiccante: deve sembrare qualcosa di già sentito e vagheggiato anche se è la prima volta che la sentiamo. È una questione di stile. È la sua forza, che noi altri creativi di rimbalzo (diciamo pure “critici”) chiamiamo evocativa. La musica di Mazzocchetti – qui – non è evocativa. È affermativa di un mondo che esiste ancora e che, per ciò stesso, non prevede nostalgia. È il mondo del piccolo passeggio, delle vasche in corso, del salutarsi e risalutarsi continuamente, con un gesto, con un fischio, facendo su e giù per la strada principale. È un mondo nel quale ognuno ha un suo posto dignitoso, anche il diverso, come il Testasghemba, qui: un personaggio che sicuramente ha attraversato anche la nostra vita, che ci ha sorriso oppure, sbandando sulla strada, ci ha fatto pensare che in fondo siamo stati solo più fortunati di lui. Capita. Ma a riportare equilibrio alle cose della vita ci pensa la musica: eccola qui, inzeppata non soltanto dei suoi ricordi ma anche dei nostri. Questo è il suo sortilegio. È in questo, solo in questo, che Mazzocchetti trae beneficio dalla sua origine teatrale: nella capacità di evocare immagini senza mediazioni. È spudorata e diretta, come quella di chi ha qualcosa da dire di urgente – della propria memoria popolare – e sa che non può fermarsi alle apparenza: deve raccontare la verità. Proprio come il teatro che facendo finta di fingere, dice la verità tutte le sere, convinto che tanto nessuno se ne accorge. Voi ve ne accorgerete, qui, di fronte a questa musica.