NEANT
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Il pianista Mario Piacentini presenta il suo nuovo lavoro intitolato “Nèant” che lo vede affiancato da Arkady Shilkloper al corno, Tor Yttredal al sax soprano, Roberto Bonati al contrabbasso, Marco Tonin alla batteria e da Gianluigi Trovesi al clarinetto contralto.
Mario Piacentini ci ha da tempo abituati al gioco del pensare per musicam. Questa volta però il suo invito sembra toccare un punto estremo: quello delle parole che abbracciano il tutto. “Néant”, l’enigmatica head-line di questo CD, rimanda senza indugi all’opera più ambiziosa dell’esistenzialismo francese – L’être et le néant – un titolo che evoca l’arbitrario, e quindi doloroso, conflitto ultimo del nostro esistere. Ciò che è razionalmente inconcepibile -toccare il nulla- è paradossalmente esperienza corrente quando l’a-ssenza prende il posto della presenza. Sottrarsi è il movimento angoscioso opposto al darsi. Questa è l’esperienza più diretta del nulla, o del “ni-ente”, che squarcia ogni istante della coscienza. Sta qui il cuore del progetto elaborato da Mario Piacentini e dallo traordinario gruppo di musicisti che lo accompagnano in questa avventura sonora, quasi ultra-fisica. Alla musica spetta, come ad una archeologia dell’esperienza, riconoscere, nell’assenza, l’impronta di ciò che la coscienza ha trattenuto nelle sue stratificazioni. La menomazione del nulla si muta così in immaginazione, la musica in percettibile forma ri-produttiva dell’a-ssente. Néant traccia quindi un solco nel quale il linguaggio musicale restituisce all’a-ssenza una concretezza vitale sconosciuta alla parola. La musica si rivela così una lingua disvelatrice del non-essere, capace di annientare, pronunciandolo, il “nulla”. Come se tra le incompatibili vie per le quali le cose a noi vengono e da noi vanno, un terzo sentiero, incerto ma intuibile, fosse per una volta aperto. Torna alla mente, perentoria ed insieme inerme, la constatazione di Heidegger che, dopo l’ascolto dell’ultima Sonata di Schubert, guardò l’amico ed allievo Georg Picht dicendo: «Questo noi non possiamo farlo con la filosofia». Pensare per musicam è allora qualcosa di più che pensare.Aronne Mariani
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