ANAMNESI

GENOVESE- RAFFAELE

EAN cod.

8032050013046

Label

ALFAMUSIC

Publication date

25/03/2013

In Stock

13,92

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Dove conduce il viaggio mentale nel passato musicale di Raffaele Genovese, il trentenne pianista siciliano che ci propone in trio la sua personale anamnesi? L’ascolto di questo nuovo album può lasciare spazio a diverse considerazioni in merito, ma sarebbe fuorviante pensare solo alla personale genealogia di influenze che hanno prodotto il suo linguaggio, perché ciò che ci viene proposto è il frutto maturo di un percorso nel quale, a soli trent’anni, questa nuova realtà del jazz italiano dimostra di aver già metabolizzato un ampio spettro di riferimenti: le reminiscenze classiche, da Debussy a Scriabin, la lezione di Bill Evans, il linguaggio minimalista e un modo di comunicare e gestire il trio che ha qualche vaga affinità con quello del compianto Esbjorn
Svensson, almeno per quanto concerne la diretta semplicità ed efficacia delle melodie. Maturità dimostrata anche nella scelta dei partner, cioè Marco Vaggi e Tony Arco, musicisti dalla lunga e articolata vicenda artistica, aperti a esperienze pienamente contemporanee come quella del trio di Enrico Intra, in grado di rispondere alla necessità di costruire un dialogo costante quanto organico, di rendere imprevedibile la musica pur mantenendo l’identità e il climax delle singole composizioni. Tutte, peraltro, firmate dal leader, che con questo nuovo progetto conclude il percorso di formazione e apre, appunto, il periodo della maturità. Il trio che presenta ha le caratteristiche della mobilità, del dinamismo interno, con il basso che, ancor più del pianoforte, crea i collegamenti e la regia, mentre il piano e la batteria si muovono in completa sintonia (e a volte anche sincronia), con un gioco di rimandi continui da cui si origina un interplay creativo che rappresenta il vero cuore della musica; della quale, volendo indicarne gli elementi centrali, mi pare si possa evidenziare l’essenzialità del tratto, davvero minimale (non minimalista), sorvegliato e controllato per ottenere un rigore poetico che funge da antidoto contro ogni caduta nel generico e rivela una sobrietà, un rifiuto dell’orpello che scaturisce da una conoscenza profonda del linguaggio e della pratica strumentale. Il magistrale uso della batteria, ritmicamente saldissimo quanto coloristicamente variegato, la pienezza del sound del contrabbasso e la scelta di ritmi e note rivelatori di una cultura enciclopedica delle possibilità dello strumento si sposano a un pianismo senza virtuosismi esteriori, eppure rivelatore dell’uso di molte risorse offerte dallo strumento. In più, capace di inglobare tecniche provenienti dal mondo eurocolto nell’ambito jazzistico, sulla falsariga della lezione di Enrico Pieranunzi, sfruttando un tocco morbido, vellutato, ma non snervato o evanescente, contraddistinto da un rilassato respiro ritmico. C’è poi la componente melodica, ma di una melodicità non cantata a gola spiegata, più intima e raccolta, a volte basata su semplici riff o addirittura cellule tematiche e calibrata anche nelle dinamiche, nei crescendo e diminuendo espressivi. La pregevole coerenza interna della musica, ottenuta senza soffocare la libertà individuale, nasce anche dalla logica compositiva in cui prevale la brevità dei brani, talvolta quasi aforistici e portatori di idee che si riverberano nella creazione del momento, dove, a volte, si segue la strada della variazione estemporizzata se non, persino, dello sviluppo della composizione stessa all’interno della performance. Un album meditato e sorretto da un’energia interiore che come un fiume carsico sparisce e riappare tra le pieghe della musica.
Maurizio Franco

1. Prologo 3.20
2. 05.04 a.m. 4.16
3. No way out 4.51
4. How far? 6.30
5. Memento 5.39
6. Pedro 5.31
7. Seabed 3.30
8. Rah’el 3.52
9. Il domatore dei venti 1.24
10. Soft light 6.17
11. Alexander Scriabin 3.18
12. Way out 3.01

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