LA STORIA

Il titolo dell’esordio discografico di Cristiano Pomante è decisamente esemplificativo, le composizioni del giovane percussionista hanno la capacità di condurre lungo un’avvincente narrazione che rivela un caratteristico chiaroscuro. Il suo lavoro guida verso il territorio dell’improvvisazione con grande spazio a un piacevole respiro melodico, che non è mai un limite, ma una spinta fertile verso la libertà di una ricerca che tende ad interessanti forme musicali. Pomante scioglie le vecchie formule in nuove immagini che aprono un sentiero nella sua geografia interna, rivelando una determinata consapevolezza musicale. La rarefazione è sempre contenitore di un energico groove. Le forme adottate sono ben articolate e organiche, un ottimo esempio è l’arrangiamento del brano Juju, composizione di Wayne Shorter, l’unica non firmata da Pomante. Il quartetto è composto di strumenti che riescono a evocare timbriche raffinate e allo stesso tempo incalzanti, i quattro dimostrano un eccellente eclettismo ritmico, che riesce bene a coadiuvare una profonda introspezione all’energia delle musiche di discendenza africana quali il rock, l’habanera e il jazz. Elia Moretti