Secondo molti studiosi, in Italia il primo Ottocento è qualificato come il periodo storico in cui l’opera ha prevalso indiscusso. Non sorprende, quindi, che un genere tipicamente ottocentesco come il canto da camera possa richiamare le sezioni cantabili della più seducente delle arie d’opera, adattandosi alle dinamiche di fruizione degli spettacoli teatrali. È questo il contesto evocato da Il soave e bel contento, una raccolta di composizioni all’insegna della raffinatezza e omaggio a una specifica estetica vocale. Il lavoro che c’è dietro è infatti il frutto di una sintesi. Unendo l’attento studio della partitura all’appassionata riscoperta delle fonti contemporanee, questo lavoro mira a far rivivere un approccio esecutivo, che dovrebbe essere il più vicino possibile alla pratica esecutiva d’epoca e dovrebbe rivelare le poliedriche possibilità espressive della voce di tenore. D’altro canto, la stessa scelta del repertorio suggerisce l’adozione di un timbro atto ad evidenziare la figura del tenore “sfogato”. Si tratta di un tipo di voce specifico, particolarmente in voga tra gli anni Venti e Trenta dell’Ottocento. Soprattutto nelle opere di Rossini e Bellini, a questo tipo di voce è stato assegnato il ruolo del giovane/nobile innamorato.
A questo proposito è interessante notare che un filo rosso attraversa l’intero programma (all’interno del quale si trovano delle vere rarità). Quel filo lascia intravedere una rete di relazioni tra eventi e personaggi legati alla genesi dei testi. La maggior parte delle opere sono infatti legate ai grandi tenori dell’epoca, la cui vocalità è legata, a sua volta, a quella sopra ricordata. Si passa quindi da arie d’opera e da concerto che sono state volutamente concepite pensando a voci specifiche (come quelle di Giovanni David e Giovanni Battista Rubini), a canti da camera dedicati a cantanti particolari (come Adolphe Nourrit) e, infine, ad esempi di opere musicali composte da alcuni di quegli stessi interpreti.