LA BANCARELLA
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Come sottolinea Gianni Coscia nelle note interne, “sui mercatini d’epoca si ritrovano le cose di un tempo alle quali non si era più pensato e qualche volta ci si accorge che potrebbero ancora funzionare…”. Parole che potremmo estendere alle persone: difatti nel “mercatino d’epoca” Coscia scova, oltre ad un repertorio dimenticato, anche un desaparecido del jazz italiano come Dino Piana, classe 1930, suonatore di trombone a pistoni, una delle sorprese più piacevoli de “La Bancarella”. Gli altri musicisti coinvolti sono Andrea Dulbecco al vibrafono e Enzo Pietropaoli al contrabbasso, un interplay, il loro, che garantisce nel contempo solidità e fluidità.
“La Bancarella” contiene cinque lunghe tracce, quattro delle quali scritte dal fisarmonicista tra il 1953 e il 1960. Soltanto “Mattino di Maggio” è recente (1994), ma comunque mantiene una perfetta sintonia col resto del disco. Registrato dal quartetto nell’aprile di quest’anno presso l’Auditorium S. Cecilia di Perugia, l’album si rivela uno dei più lucidi e progettuali finora realizzati dal musicista di Alessandria, un disco che farebbe la felicità del Jimmy Giuffre “senza batteria” e del Tristano in quintetto. Si respira una salubre aria del miglior cool jazz, in cui regnano in perfetto equilibrio improvvisazioni e partiture, dove dominano quei fluidi e cristallini arrangiamenti circolari e “fugati”, caratteristici del genere. Si erge un Coscia burattinaio intelligente e felpato, mai invadente, presente con la dovuta discrezione. Ma soprattutto merita solenni lodi il potente e inesauribile fraseggio “senza età” di Dino Piana, che non sembra affatto preoccupato dai problemi di anagrafe. E’ lecito considerare “La bancarella” più convincente del gemello “L’Archiliuto”?
Enzo Pavoni
Primi seri esercizi di composizione per Gianni Coscia: quattro tracce su cinque de La Bancarella – escluso Mattino di maggio – hanno tra i quaranta e i cinquant’anni. Queste perle, piluccate nella personale bancarella di antiquariato sonoro, il fisarmonicista le rilegge con “gli occhi dell’oggi”, accompagnato dal vibrafono di Dulbecco, dal contrabbasso di Pietropaoli e dallo scoppiettante trombonista Dino Piana – vero punto di forza del disco, del quale avevamo perso le tracce -, che dall’alto delle sue settantadue primavere sfrutta al meglio gli ampi spazi lasciatigli da Coscia. Nitidi paesaggi cool (tra Giuffre e Tristano), arrangiamenti “fugati”, perfetto equilibrio tra parti scritte e improvvisate. Un album asciutto, scarno, efficace, che evita certe “leccature” de L’Archiliuto.
Enzo Pavoni, “Alias”, supplemento a “Il Manifesto” – 16 novembre 2002
1. Ballata Per Quintetto2. Un Mattino Di Maggio3. Passeggiata Per Quintetto4. Tributo A Giorgia Brown5. Serenissima