TERRITORY
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Come per tutti quelli che si sono avvicinati al banjo nei tardi anni ’50 e nei primi anni ’60, anche per Tony Trischka i modelli iniziali furono il Kingston Trio (quelli, per intenderci, di Tom Dooley) e Pete Seeger & The Weavers, che durante il folk-revival avevano raggiunto una fama notevole. Ma, dopo gli inizi, i modelli divennero Bill Keith e Don Reno. Soprattutto di quest’ultimo c’è ancora traccia nel sound e nello stile di Territory, questo nuovo cd uscito per Smithsonian, fatto di passaggi molto liberi da un punto di vista melodico, ed eseguiti spesso con la tecnica di Reno di alternare pollice ed indice della mano destra per suonane più note consecutive sulla stessa corda. Secondo Tony, questo stile da più ’driving’ di quello di Keith, è quello che permette maggiore libertà improvvisativa, perché meno limitativo nel legame tra mano destra e mano sinistra. Tony Trischka non è stato né il primo a svolgere un lavoro innovatore sul banjo a 5 corde, né sarà l’ultimo, e già Bela Fleck ne è un segno, ma sicuramente si è dimostrato costantemente un punto di riferimento per i banjoisti e per tutti i musicisti appartenenti alla cosiddetta area ’progressiva’ o evoluta che dir si voglia. La sua è infatti una musica che risente molto poco dei limiti abituali dello strumento e del genere, il bluegrass, cui è generalmente confinato, ed è stato lui tra i primi ad attingere a piene mani al jazz e al rock per ampliarne i confini, senza porsi falsi pudori e limiti relativi all’uso dell’elettrico rispetto all’acustico. Questo gli ha sicuramente fruttato l’odio di certi puristi ma anche una crescente stima da parte degli addetti ai lavori, come pure del pubblico, ed oggi come ieri la sua è una musica che, come raramente succede in questo campo, si fa ascoltare con piacere anche dai non appassionati e che, pur non rinnegando del tutto le basi del bluegrass, ne è spesso al di fuori per un senso di ’modernità’ assolutamente positivo e privo di forzature. Probabilmente un purista rabbrividirà all’ascolto degli insoliti breaks strumentali eseguiti da Trischka in brani tradizionali, quelli per intenderci eseguiti generalmente ’nota per nota’, da manuale, dalla stragrande maggioranza dei banjoisti. Questi ultimi probabilmente si chiederanno se si tratta di ’soli’ studiati a tavolino o se sono realmente frutto dell’improvvisazione. In realtà alla base degli incredibili breaks che possiamo ascoltare nei dischi di Trischka e in particolare in questo “Territory” c’è una notevole capacità improvvisativa: si tratta in pratica del riuscito tentativo di portare il banjo oltre lo stile Scruggs, Reno o melodico; di una concezione più libera dello strumento, al quale vengono riconosciute possibilità espressive in diversi settori della musica, non solo nel bluegrass. Tra gli allievi di Trischka ce n’era uno, qualche anno fa, che prometteva grandi cose, un ragazzino quindicenne piccolo e magro dalla voglia insaziabile di imparare nuovi licks, di spaziare melodicamente ed armonicamente ben oltre quello che un insegnante di banjo è solito insegnare, un allievo promettente di nome Bela Fleck.
1. Fox Chase2. Leatherwing Bat3. Rainbow Yoshi4. French Creek/Burning Springs5. Zoe6. John Henry Medley: John Henry/Bonaparte’s Retreat/Twists and Turns7. Trompe de L’Oreille8. Hawaii Slide-O9. John Cohen’s Blues10. Molly and Tenbrooks11. Sean12. The Next Big Thing13. Noah Came to Eden14. Eighteen15. Celtic Medley: St. Anne’s Reel/Drowsy Maggie/Red Haired Boy/The Blackbird/Red Haired Lass16. Salt River17. Banjoland18. Old Stone Church19. Gourd Banza20. Brightshade/Carolina Traveller/Casey Jones21. Lake Flora