Lungo le sue pendici e soprattutto nella fascia collinare orientale, che degrada verso il mare Adriatico, si è conservata una variegata memoria di balli diversi, dei quali molti sono stati rimossi dalla pratica festiva del ballo ma hanno segnato la biografia musicale dei suonatori più anziani. La provincia di Chieti, che sino al ventennio fascista comprendeva gran parte dell’attuale provincia di Pescara, rimane l’area abruzzese più fertile e più tenace nella frequentazione di forme espressive folkloriche, tant’è che la si può considerare una specie di scrigno di importanti reperti storici. Sotto l’aspetto organologico, anche in questa area l’organetto (o fisarmonica diatonica) si è imposto nell’ultimo secolo con una capillarità sorprendente, eliminando spesso altri strumenti, grazie alla sua costituzione semi-industriale, alla comodità d’uso e all’autosufficienza melodica ed armonica. Ma qua e là si trovano suonatori di liuteria (violino, mandolino, chitarra, banjo, contrabbasso), di flauti, di armonica a bocca o di strumenti bandistici (ottoni). Si ritrovano tracce di presenza del tamburello, che veniva suonato nella maniera “adriatica”, cioè con la punta delle dita. Il ruolo ritmico del tamburello è stato recepito dal tamburo a bacchette (rullante) e dalla grancassa.
Più raro è il tamburo a frizione, adoperato per le questue di Sant’Antonio Abate o del Carnevale.
Tra i balli regna incontrastata la saltarella, ballo regionale per eccellenza, che viene però danzata secondo le zone in forme sensibilmente diverse. La saltarella del Chietino è una danza in coppia tra le più faticose del panorama italiano, perché basata su continui giri con passo di galoppo laterale, rotazioni e passi frontali. La bella rosa, di probabile origine tardo Rinascimentale, è una danza ormai da tempo in disuso, basata – secondo la ricostruzione di un anziano suonatore – su vari tipi di riverenze e sulla catena in cerchio. Interessante è la conservazione di un ballo di chiara derivazione dalla dominazione Aragonese, la cotta, che italianizza anche nella dominazione la jota iberica. Anche il ballo della sala si ritrova al limite dell’area frentana, danza testimoniata già nel XIV sec. da Boccaccio. In un’enclave ristretta compare anche la ballarella, danza attestata in genere più a sud, fra Molise e Basso Lazio. Balli di sala ottocenteschi, un tempo di ambiente aristocratico poi discesi in quello popolare, sono lu tre passë, la polka fiorata, lu
denzë, lu sciottë o lu scossë (della famiglia dello scotis o schottish di altre regioni) e la quadriglia.
Attualmente però i generi coreutici più usati nelle feste di paese sono quelli legati, che da qualche
decennio vanno sotto il nome di “ballo liscio”: valzer, polka, mazurka, ritmo e tango.