THE FRENCH PIANO LEGEND 29-56
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Tra i musicisti c’è un detto secondo il quale uno scandalo succoso conta più di una dozzina di buone recensioni. Forse è questo il motivo per cui un eccellente pianista come il francese Yves Nat (1890-1956) è conosciuto da una cerchia relativamente ristretta di appassionati di musica. Che cosa c’è da dire su una persona che non aveva alcun interesse per il glamour mondano o per l’autopromozione pubblicitaria e si dedicava invece al pianoforte e alla composizione? Persino le enciclopedie musicali più accreditate offrono poco più che le date di nascita e di morte. Era caratteristica di Yves Nat di mantenere un certo riserbo senza falsa modestia. Già ai tempi in cui era studente, Yves Nat mostrava una predilezione per la musica pianistica tedesca. In molte occasioni ha incluso le sonate per pianoforte di Beethoven nei suoi programmi di recital. Suonava Schubert, Schumann e Brahms, tutti compositori considerati pesanti, ineleganti e non particolarmente divertenti nella Francia degli anni Venti. Come aveva profetizzato il suo maestro Louis Diémer, una brillante carriera virtuosistica sarebbe stata impensabile, almeno in Francia, sulla base di quel tipo di repertorio. E in Germania? Sembra che Yves Nat fosse troppo colto e suonasse con troppa delicatezza per soddisfare il gusto tedesco attuale. Ha scatenato troppo poco suono titanico, non ha spezzato le corde del pianoforte e non c’era nemmeno un virtuosismo superficiale di cui ci si sarebbe potuti deliziare. Ma nonostante ciò, Yves Nat è andato al cuore della questione nelle sue interpretazioni. È riuscito, come pochi altri, a descrivere gli stati d’animo e a far emergere le melodie nascoste, senza che la musica si fermi o che la sua coesione interna si frantumi in mille frammenti.
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