Mentre il mondo veniva travolto dalla pandemia causata dal coronavirus, i quattro membri dei Black Stone Cherry erano immersi nei boschi del Kentucky, per completare il loro settimo album. Da lì hanno visto il dilagare della malattia, mentre le notizie del telegiornale diventavano ogni giorno più preoccupanti, e si sono resi conto che l’album che stavano completando conteneva testi che erano stranamente preveggenti. Il disco è stato terminato poco prima che fosse imposto il lockdown in gran parte del mondo ed è giustamente intitolato “The Human Condition”. «C’era una vera urgenza e paura dell’ignoto durante quelle sessioni, è stato un periodo spaventoso – ricorda il batterista John Fred Young – Ogni canzone di questo album racconta una delle esperienze che tutti noi viviamo: la nostra felicità, le nostre difficoltà e come dobbiamo adattarci». Dal punto di vista sonoro “The Human Condition” è anche uno degli album più viscerali e pazzi dei BSC. Come spiega il chitarrista e cantante Ben Wells: «In questo disco abbiamo alzato il volume, la batteria è dominante e ci sono alcuni riff davvero potenti. Dopo 19 anni e 7 album, volevamo dimostrare che siamo ancora in grande forma. Questo album sembra una rinascita». Per la prima volta, la band ha scelto di non registrare le basi dal vivo e invece ha sfruttato meticolosamente registrazioni multitraccia. Ogni membro ha sopportato sessioni estenuanti per sostenere lo sforzo collettivo verso una registrazione epica.
1. Ringin’ in My Head2. Again3. Push Down & Turn4. When Angels Learn to Fly5. Live This Way6. In Love With the Pain7. The Chain8. Ride9. If My Heart Had Wings10. Don’t Bring Me Down11. Some Stories12. The Devil in Your Eyes13. Keep on Keepin’ On